Un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti il petrolio, il carbone e l'energia elettrica. È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l'un l'altro, hanno occhi smarriti e il terrore stringe i loro cuori. E ora come faranno? La stagione gelida avanza e non ci sono termosifoni a scaldare, il cibo scarseggia, non c'è nemmeno più luce a illuminare le notti. Le città sono diventate un deserto silenzioso, senza traffico e senza gli schiamazzi e la musica dei locali.
Rapidamente gli uomini si accorgono che tutto il benessere conquistato, fatto di oggetti meravigliosi e tecnologia all'avanguardia, è perfettamente inutile. Circondati dal superfluo e privi del necessario, intuiscono che una salvezza esiste, ma si nasconde in un sapere antico, da tempo dimenticato. Capiscono che se vogliono arrivare alla fine di quell'inverno di fame e paura,"l'inverno della morte bianca e nera", devono guardare indietro, tornare alla sapienza dei nonni che ancora erano in grado di fare le cose con le mani e ascoltavano la natura per cogliere i suoi insegnamenti. Così, mentre un tempo duro e infame si abbatte sul mondo intero e i più deboli iniziano a cadere, quelli che resistono imparano ad accendere fuochi, cacciare gli animali costruendo trappole con i rami più teneri, riconoscere le erbe che nutrono e quelle che guariscono. Segnati dalla fatica e dalla paura, i superstiti si faranno più forti e insieme anche più saggi. La fine del mondo storto raddrizzerà gli animi, cancellerà la supponenza del ricco e punirà l'arroganza del povero, che si ritiene l'unico depositario di coraggio e resistenza. Resi uguali dalla difficoltà estrema, gli uomini si incammineranno verso la possibilità di un futuro più giusto e pacifico, che arriverà insieme alla tanto attesa primavera. Ma il destino del mondo è incerto, consegnato nelle mani incaute dell'uomo...
Facendo un passo indietro per trovare la voce più pura e poetica della natura imperiosa, e balzando in avanti con la forza di un'immaginazione visionaria e insieme intensamente realistica, Mauro Corona ancora una volta stupisce costruendo un romanzo imprevedibile. Un racconto che spaventa, insegna ed emoziona, ma soprattutto lascia senza fiato per la sua implacabile e accorata denuncia di un futuro che ci aspetta (dalla seconda di copertina del libro)
A forza di leggere commenti negativi sia sul libro, sia su Mauro, avevo quasi rinunciato a leggerlo, ripromettendomi, al limite, di prenderlo in prestito alla Biblioteca Civica (un bellissimo servizio, tanto per rimanere in tema, purtroppo sempre troppo poco sfruttato).
Rapidamente gli uomini si accorgono che tutto il benessere conquistato, fatto di oggetti meravigliosi e tecnologia all'avanguardia, è perfettamente inutile. Circondati dal superfluo e privi del necessario, intuiscono che una salvezza esiste, ma si nasconde in un sapere antico, da tempo dimenticato. Capiscono che se vogliono arrivare alla fine di quell'inverno di fame e paura,"l'inverno della morte bianca e nera", devono guardare indietro, tornare alla sapienza dei nonni che ancora erano in grado di fare le cose con le mani e ascoltavano la natura per cogliere i suoi insegnamenti. Così, mentre un tempo duro e infame si abbatte sul mondo intero e i più deboli iniziano a cadere, quelli che resistono imparano ad accendere fuochi, cacciare gli animali costruendo trappole con i rami più teneri, riconoscere le erbe che nutrono e quelle che guariscono. Segnati dalla fatica e dalla paura, i superstiti si faranno più forti e insieme anche più saggi. La fine del mondo storto raddrizzerà gli animi, cancellerà la supponenza del ricco e punirà l'arroganza del povero, che si ritiene l'unico depositario di coraggio e resistenza. Resi uguali dalla difficoltà estrema, gli uomini si incammineranno verso la possibilità di un futuro più giusto e pacifico, che arriverà insieme alla tanto attesa primavera. Ma il destino del mondo è incerto, consegnato nelle mani incaute dell'uomo...
Facendo un passo indietro per trovare la voce più pura e poetica della natura imperiosa, e balzando in avanti con la forza di un'immaginazione visionaria e insieme intensamente realistica, Mauro Corona ancora una volta stupisce costruendo un romanzo imprevedibile. Un racconto che spaventa, insegna ed emoziona, ma soprattutto lascia senza fiato per la sua implacabile e accorata denuncia di un futuro che ci aspetta (dalla seconda di copertina del libro)
A forza di leggere commenti negativi sia sul libro, sia su Mauro, avevo quasi rinunciato a leggerlo, ripromettendomi, al limite, di prenderlo in prestito alla Biblioteca Civica (un bellissimo servizio, tanto per rimanere in tema, purtroppo sempre troppo poco sfruttato).
Beh!, me l'hanno regalato. L'ho letto subito, e mi è piaciuto, molto devo dire: mi ha entusiasmato. Io, prediligo di gran lunga il Mauro Corona dei primi racconti, ma con la fine del mondo storto, mi ha veramente stupito: è riuscito, secondo me, a concentrare gran parte del suo pensiero, delle idee che va ripetendo da anni, della rabbia che lo possiede, in un libro che, se non ne afferri subito l'essenza, fin dalle prime pagine ha la capacità d'infastidirti: che tu lo voglia o no, ti ci ritrovi, ti ci rispecchi e... t'infastidisci. Non ti da tregua, ti obbliga a metterti in discussione.
Pagina dopo pagina, ti accorgi che racconta il vero, a prescindere da ciò che sta succedendo o succederà. Pagina dopo pagina, ricevi sempre nuovi spunti di riflessione, scopri di non sapere e, soprattutto, di non voler sapere:
Sarebbe troppo difficile rimettere tutto in gioco.
E che dire, poi, della profonda frustrazione che scaturisce dal messaggio?
la fine del mondo storto è un libro assolutamente da non perdere, scritto da un Mauro Corona in grande spolvero: geniale, duro e diretto quanto serve.
NB: Mauro Corona lo ami o lo odi, lo accetti o lo rifiuti, nei suoi libri così come nella realtà. Se t'interessa tentare di conoscere l'autore, l'uomo, allora forse sarebbe giusto iniziare a farlo leggendo i suoi primi libri o conoscendolo di persona.